Vi siete mai chiesti quante sono le persone che conoscono il significato della parola “cocktail“?
Beh, io sì: ho fatto un piccolo sondaggio tra amici amanti di aperitivi, cocktail e long drinks: conoscono le ricette, i migliori bar dove andare a bere, i bicchieri giusti… ma sono veramente pochi quelli che conoscono il significato e le origini della parola cocktail. Anche perché, va detto, non sono certo così chiare: di certo c’è solo il fatto che il termine non ha niente a che vedere con il nome volgare dell’attributo sessuale maschile in lingua inglese, così almeno plachiamo subito gli animi di bigotti, benpensanti e ninfomani.
Eccovi una serie di spiegazioni del termine cocktail e un po’ di storia: adottate una di queste quando vi chiederanno “Cosa significa cocktail?” e potete stare certi del fatto che non starete sbagliando.
Effettivamente le storie riguardanti la nascita del cocktail sono veramente molte, basti pensare che al termine si potrebbero associare almeno tre diverse origini:
Ed è proprio quest’ultima definizione la più accreditata.
Pare infatti che nel 1840 la vivandiera Betsy Floyagan durante la Guerra di Secessione servisse ai soldati una bevanda corroborante realizzata mischiando alcuni distillati: furono gli stessi soldati che, vista la colorazione vivace di quella bevanda alcolica, le diedero il nome di cocktail.
In realtà ci sono racconti del 1400 che già narrano della consumazione di “bevande dai tanti colori come la coda di un gallo da combattimento” nelle campagne inglesi.
A rafforzare questa ipotesi sull’origine del termine cocktail si trovano in racconti originari dell’America Centrale: si festeggiava la fine di un combattimento tra galli con un brindisi fatto con succhi e liquori in onore alla coda del gallo sconfitto, che andava in premio al proprietario del gallo vincitore.
E poi ci sono le leggende: navi fortunosamente approdate in Sud America dopo un naufragio i cui superstiti festeggiarono lo scampato pericolo mescolando liquori europei e succhi tropicali utilizzando una coda di gallo, indigeni dello Yucatan che preparano bevande molto elaborate mescolate tra loro utilizzando un cucchiaio ricavato dalla radice della pianta “coda di gallo” e chissà quante altre.
Ma la parola cocktail (anzi, cock-tail) fa ufficialmente la sua apparizione nel XIX secolo. Come spesso accade in certi casi, viene usata per la prima volta quasi per gioco, prendendosi burla di una delle invenzioni più esilaranti e al contempo tragiche dell’intera umanità: la politica.
Era il 6 Maggio 1806, sulle pagine del giornale “The Balance, Columbian Repository” viene pubblicato un articolo che, in modo scherzoso, illustra la nota spese di un candiadato sconfitto alle elezioni locali.
In questa nota spese si trova appunto per la prima volta il lemma “cock-tail“.
La settimana successiva, il 13 Maggio 1806, da quel giorno ricordato come “World Cocktail Day“, viene pubblicata questa definizone in risposta ad una richiesta di chiarimenti da parte di un incuriosito lettore (gli si renda merito!): “Cock tail is a stimulating liquor composed of spirits of any kind, sugar, water, and bitters”.
Beh, poi fu la volta del professor Jerry Thomas nel 1862, in merito alla cui magnificenza con il suo “How to mix drinks” non mi dilungo, visto che abbiamo già parlato della sua Bibbia dei drink.
Con il Proibizionismo arriva l’epoca d’oro del cocktail: gli alcolici erano infatti di qualità così infima che i baristi erano costretti a mischiare più ingredienti per poter offrire ai clienti qualcosa di minimamente bevibile; regole di miscelazione assolutamente improvvisate che non facilitarono certo la diffusione di ricette standard.
Si diffuse invece qualcosa che ha forse decretato la fortuna del cocktail: l’abitudine a consumare questo tipo di bevanda, un po’ misteriosa e sofisticata, anche in Europa.
Poi fu l’IBA, l’International Bartenders Association.
Il 24 Febbraio 1951 una commissione dei migliori barman del mondo fissa le regole di dosaggio, suddivide i cocktail in gruppi e seleziona i 50 cocktail più conosciuti e prestigiosi.
Ma l’estro e la fantasia dei barman non ha certo limiti: ogni giorno nuovi cocktail vedono la luce e ogni bar è caratterizzato dal suo cocktail, quello “della casa”; presentato in un certo modo, servito in maniera particolare o decorato in modo originale, anche se poi sono i cocktail classici a farla da padrona e che, anche grazie a eventi modaioli, apericene e happy hour, hanno fatto la gloria del cocktail.
provate l’angelo azzurro è buonissimo
Ciao Alessio
Di seguito riporto la tua ultima frase…
“sono comunque dell’idea che ognuno è libero di dare alla parola cocktail l’etimologia che preferisce: difficilmente sarà sbagliata.”
Perchè mi piace ciò che hai detto in più voglio aggingere che se dentro di noi osserviamo il mondo dei cocktails è in piu che lavoro, divertimento, curiosità… fosse una passione!! queste leggende diventano realtà.
ti chiederai ma questo cosa dice?
Ti racconto la mia storia e perchè ho detto questo…
Floyagan la storia:
E’ dall’esigenza di dar voce ad un talento e ad una passione, quella nell’arte di creare cocktails, che nasce l’originale idea di dar vita a Floyagan.Tutto ha inizio nel 2004: Gabriele, di servizio come ausiliare presso la caserma di Pienza, viene invitato dal suo stesso capitano a presentarsi nell’inedita veste di barman nel giorno di decorrenza della celebrazione dell’Arma dei Carabinieri. Con l’aiuto del fratello Fabio, già affermato barman, i due si organizzano per la costruzione artigianale di un banco bar trasportabile, qualcosa che sarebbe presto diventato un inseparabile strumento di lavoro. Accompagnati dal loro ammirevole entusiasmo, nonché dall’onore e dalla responsabilità dell’incarico, i due fratelli trasformarono questa loro prima serata insieme in un formidabile successo. Da allora non tardarono ad arrivare nuovi inviti ad esibirsi e soprattutto un’offerta di collaborazione da parte di un’agenzia di catering nel campo della ristorazione, la quale chiese di servirsi delle loro prestazioni in maniera continuativa. Mentre Fabio, causa il suo precedente impegno di barman, fu costretto a rinunciare alla proposta, Gabriele intraprese questa nuova avventura, cooperando con l’agenzia di catering per un breve arco di tempo. Poi per alcuni mesi non successe altro, ma benché interrotta nella sua fase embrionale, l’idea era ormai nell’aria e nell’inverno del 2007 l’ambizioso progetto Floyagan prende definitivamente vita. Ai due fratelli si aggiunge Enrico barman A.I.B.E.S., collega di Fabio e amico dei due. Insieme apportano alcune modifiche al banco bar, operazione nella quale coinvolgono anche Cinzia, sorella di Enrico e oggi parte a tutti gli effetti dello staff. La piena collaborazione con il catering Lodovichi ristorazione, gli ha permesso fin da subito di avere molti appuntamenti e di esordire “alla grande”. Oggi la loro fama è in continua ascesa. Grazie al loro dinamismo e al senso di professionalità, questi ragazzi si stanno facendo conoscere non solo dagli addetti ai lavori, ma anche dal pubblico, che dimostra di apprezzarne appieno le qualità. Da qui la loro storia cresce con voi, e le pagine più belle, probabilmente, devono ancora essere scritte.
Adesso capisci? la leggenda di Betsy Floyagan a dato una svolta alla mia vita e quindi per me la parola cocktail e la leggenda di betsy sono più importanti delle VERITA che và cercando la gente…
Io tramite loro ho realizzato un sogno
Ciao a presto
Spero di non averti annoiato….
Gabriele
Ciao Teo,
l’etimologia del termine “cocktail” in realtà è costituita, perlopiù, da leggende, nessuna delle quali è, ad onor del vero, è documentata né confermata come “la verità vera”.
Basti pensare che secondo alcune scuole di pensiero, compresa quella di Wikipedia, anche la tua versione viene smentita.
Vado a citare:
“potrebbe derivare dalla leggenda che narra di una nave di ricchi inglesi che approdando in Sud America, festeggiavano bevendo liquori europei e succhi tropicali mescolati con una colorata piuma di gallo.”
Quindi addirittura si miscelano un paio di versioni: una sana abitudine. 🙂
Il senso del post voleva essere esattamente quello riportato dal post successivo: dalla leggenda alla storia; diverse leggende sulla nascita del termine cocktail. Ma di leggende si tratta.
Sono comunque dell’idea che ognuno è libero di dare alla parola cocktail l’etimologia che preferisce: difficilmente sarà sbagliata.
Grazie per il tuo contributo. 🙂
Sull’origine del nome cocktail vi sbagliate! Non sono stati i colori della bibita ma il fatto che la sopra citata signorina aggiungesse una piuma di gallo nell’offrire i suoi aperitivi (cock tail coda di gallo, appunto!). Documentatevi!!!!
Claudio says:
Mettete le “h” nelle parole.. Grazie
P.s. l’angelo azzurro fa schifo ha di bello solo il colore.. L’angelo azzurro non ha una ricetta codificata, significa che molti barman mischiano basi superalcoliche a caso.. Questo mestiere o questa passione deve essere fatta solo con professionalità.